lunedì 7 febbraio 2011

Filosofia della quotidianità

L'appendiabiti -marca Lidl- che è nel mio armadio mi fa alterare come pochi ci sono riusciti nell'arco della mia vita.

Tra alti e bassi, durava ormai da tre anni, da quando sono venuta ad abitare nella mia attuale dimora. La nostra è stata una storia tormentata e stupenda allo stesso tempo: a volte gliela lasciavo vincere, fingendo che non mi importasse la sua odiosa mania di pendere su un lato, facendo toccare la metà dei vestiti a terra; altre volte mi accontentava lui, per qualche strana ragione si decideva a non far saltare gli arzigogolati meccanismi che mi inventavo per mantenerlo dritto, e per qualche tempo smetteva di pendere.

Forse intuiva che la mia pazienza stava per arrivare al limite, e per non essere buttato via si degnava di compiere la sua funzione. O forse era semplicemente un caso che funzionasse.

Però a un certo punto sembrava non avere nessuna importanza quel che mi inventavo per farlo stare bene in piedi, o quanto mi impegnassi, o quanto gli parlassi (sì, non si scarta nessuna tecnica). Sembrava aver deciso che pendere era il suo cammino. E non c'era niente che reggesse: non funzionavano più i bastoncini, non funzionava lo spago, non funzionava più il nastro adesivo... insomma, nada de nada.

Davanti all'evidenza dei fatti, e dopo innumerevoli tentativi, finalmente sono arrivata al punto di rottura (menomale che esiste sempre) e ho deciso di lasciarlo pendere. Rimarrà nel mio armadio (anche se è del Lidl, mi ci sono affezionata), ma non cercherò più di aggiustarlo.

E lo faccio con il cuore tranquillo, perché so di aver fatto tutto il possibile perché funzionasse, ma con l'amara constatazione che alla vita manca sempre qualcosa per essere perfetta.