venerdì 24 dicembre 2010

Norbert

La mayoría de la gente se casa, tiene hijos, los hijos tienen hijos a su vez. Es lo normal.
Trabajan todo el día, acumulan dos estúpidas semanas de vacaciones al año, se llenan la vida de cosas y más cosas para tapar a los ojos de los demás el terrible vacío interior que padecen, y de vez en cuando se escapan un fin de semana de la ciudad para deleitarse en la ilusión de que no están podridos en el gris de un trabajo que no aman y que les desgasta.

Es increíble la cantidad de cosas de las que llenamos nuestro tiempo sólo para darnos la sensación de existir.

Pero allí estaba él. Nunca se casó, anti-móvil, una vida donada a la cooperación, su pasión. Un solitario, se podría pensar. “Si no tienes una familia no eres nadie”, me parece oírla, mi madre. Pero aquel solitario tuvo una familia más grande y más sincera que la de cualquier otro, tuvo una vida más llena que la de cualquier otra persona que haya elegido la vía ‘normal’: decenas de viajes, manifestaciones, gestos solidarios, miradas, amigos por todo el mundo, compeñeros de una sola cerveza o de una vida entera de charlas de barra. Y la sonrisa, siempre.

Nunca quiso ser convencional, ni hacerle concesiones a la sociedad, ¿cómo iba a hacerlo con la muerte? Si no podía vivir como él quería, al carajo todo.

Y parece que ganó también esa partida. Hace un año. Hace nada.

martedì 14 dicembre 2010

Un anno dopo

"Aveva conosciuto la sua incapacità d'amore nell'enigma della palma delle sue mani mute e nelle cifre invisibili dei tarocchi e aveva cercato di compensare quel destino infame col culto bruciante del vizio solitario del potere, si era fatto vittima della sua setta per immolarsi nelle fiamme di quell'olocausto infinito, si era pasciuto della fallacia e del delitto, aveva progredito nell'empietà e nell'obbrobrio, e aveva dominato la sua avarizia febbrile e il suo terrore congenito solo per poter conservare fino alla fine dei tempi la sua pallina di vetro nel pugno, senza sapere che era un vizio senza fine la cui sazietà generava il suo stesso appetito fino alla fine di tutti i tempi signor generale, aveva saputo fin dalle sue origini che lo ingannavano per compiacerlo, che si facevano pagare per adularlo, che reclutavano con la forza delle armi le moltitudini concentrate al suo passaggio con grida di giubilo e con cartelli venali di vita eterna al magnifico che è più antico della sua età, ma imparò a vivere con quelle e tutte le miserie della gloria man mano che scopriva col passare dei suoi anni incalcolabili che la menzogna è più comoda del dubbio, più utile dell'amore, più durevole della verità, era giunto senza sorpresa alla finzione d'ignominia di comandare senza potere, di essere esaltato senza gloria e di essere ubbidito senza autorità, quando si convinse nel rivolo di foglie gialle del suo autunno che non sarebbe mai stato padrone di tutto il suo potere".

Un anno fa pensai -stupidamente e romanticamente- che questo passo de "L'autunno del patriarca" di García Márquez descriveva alla perfezione l'autunno politico di Silvio Berlusconi.

Era il 13 dicembre 2009 e Silvio, dopo mesi di scandali e infimi livelli di consenso, era assalito da un comune cittadino -un pazzo, dissero- dopo un comizio a Milano. Pensai che era vicina la fine del suo regime di puttane e giullari, e che tra uno scandalo sessuale e l'altro, era stato necessario approfittare televisivamente di un colpo d'effetto, come il gesto plateale di Massimo Tartaglia. Pensai che già non controllava più tutto il potere che aveva accumulato, e che presto sarebbe caduto, vittima dei suoi stessi eccessi, politici e personali. Mi sbagliavo.

Esattamente un anno e un giorno dopo (oggi), sembrava di nuovo che ci stessimo per liberare di lui, e invece il governo di Silvio Berlusconi ottiene la fiducia del Parlamento per soli tre voti, comprati a chissà quale prezzo.

Non voglio nemmeno immaginare la faccia di Tartaglia oggi, vedendo non solo che nel primo anniversario del suo gesto nessun giornale ha parlato di lui (tranquillo Massi, io me ne sono ricordata), ma che addirittura, esattamente un anno dopo Silvio ha beffato tutti e ha vinto di nuovo (ironia della sorte, Massi, che vuoi che ti dica!).

Approfittando della coincidenza della data, mio caro, non mi resta che consolarti ricordandoti che in Italia "cambia tutto per non cambiare niente" (come insegna il Gattopardo). Anche se Silvio avesse perso oggi, l'anno prossimo avresti voluto lanciare lo stesso souvenir a Fini.

Ad maiora (sigh!).


giovedì 9 dicembre 2010

Il lato B dell'eterno ritorno

Eterno ritorno. Eterno tormento? Non sempre e non necessariamente.

Alcune persone sono solite preoccuparsi di cose di cui si vorrebbero liberare, ma che continuano a perseguitarle e a ripresentarsi, sotto forme diverse, in modo ricorrente.

Poi però ci sono cose, eventi, o persone, che pensavi fossero rimaste nel passato, legate a un periodo della tua vita, e che invece ritornano, quando meno te l'aspetti, o quando più ne hai bisogno, e con una disarmante semplicità si ripresentano a te... e in qualche modo ti cambiano.

Forse perché ti ricordano, con la loro sola presenza, quello che eri tempo fa, e senza volere ti riconsegnano una parte di te che avevi perso. Così, perché sì. O forse perché le riscopri.

E allora non mi sembra così male l'eterno ritorno. Perché tra tutto quello che non avresti voluto rivedere, ma che le onde si ostinano a riportare alla riva, a volte ci sono anche persone che, invece, non avresti voluto perdere.

sabato 4 dicembre 2010

Poetica dell'ultimo minuto



"Ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando".

Silenzio.

"Che sia troppo tardi, madame".