mercoledì 16 ottobre 2013

Tre anni per una risposta

Esattamente tre anni fa, il 15 ottobre 2010, si concentrarono nello stesso giorno due episodi potenzialmente drammatici: fui licenziata dal mio primo vero lavoro ('sta maledetta crisi) nello stesso giorno -anzi, per l'esattezza nello stesso quarto d'ora- in cui scoprivo che il ragazzo per cui ero finita in Spagna aspettava un figlio (e non da me, ovvio). Lungi dal disperarmi, con molta tranquillità e anche un po' di sana incoscienza, la presi come un'occasione per svecchiarmi, per fare quel che veramente volevo, e mi riempii di fiducia nel futuro. Non senza provare una punta di malinconia per l'idea di non sapere a cosa avevo rinunciato facendo certe scelte di vita.

Tre anni dopo, giusto mentre ricordavo tra me e me l'anniversario di quel giorno e della mia riflessione, mi piomba nella posta un email con la frase di cui avevo bisogno per chiudere definitivamente la riflessione:

"Ogni scelta ha un rovescio, cioè una rinuncia, e così non c'è differenza tra l'atto di scegliere e quello di rinunciare" (Italo Calvino).

Voi credete alla giustizia poetica? Io sì, ed è per questo che racconto questo episodio. Qualunque sia la domanda, la risposta arriva sempre, irrimediabilmente. Magari tre anni dopo, magari per email, magari non sei capace di vederla. Ma magari sì lo sei. E allora è quando si illumina tutto.

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